martedì 2 febbraio 2010

Mangiare e pensare italiano



Dal libro di Franco La Cecla La pasta e la pizza, edito da il Mulino, cito alcuni passaggi per riflettere sul cibo come elemento identitario di un popolo. "Allora, se la pasta e la pizza appartengono ad una cultura precisa e sono parte di una tecnica del corpo che si apprende nell'infanzia, oggi, con la massificazione e la macdonaldizzazione, esse,(la pasta e la pizza) come fatto culturale, non sono in realtà in estinzione?"
E ancora ""L'identità culturale, etnica o nazionale è un gioco interessante o pericoloso che i gruppi umani mettono in atto per compattarsi, andare avanti ed essere riconoscibili a se stessi e agli altri. È uno strumento formidabile (...) ma guai a credere che sia un valore al di sopra delle capacità delle persone e dei gruppi umani di adattarsi, trasformarsi, mescolarsi e creolizzarsi".
Credete anche voi che siamo quello che mangiamo, e mangiamo quello che siamo?

8 commenti:

  1. Niente di male nel conservare, nel non lasciare perdere gli elementi che compongono l’identità o la cultura di un popolo se esso non diventa un’ossesione. L’identità di un poplo non è qualcosa da tenere custodita come un tesoro, isolata, inalterabile. Qualcosa che si paragona o si confronta con quella degli altri. L’identità dinamica, viva, che cambia col rapporto con gli altri, e si arricchisce con le altre e arricchisce le altre...., questa si, e se di percorso qualcosa si perde non sarà da mettersi a piangere. I rami degli alberi si tagliano, ma il albero ancora ha la vita e nuovi rami nascono...
    Jesús F.

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  2. Visto il semi-deserto di commenti rispetto a qualsiasi argomento, forse è il caso di ripensare all'uso del blog e proporre un caffé dibattito. Magari avrebbe più successo. Sono convinta che se ci fosse qualche manicaretto da assaggiare in compagnia, magari con un buon bicchiere di vino, la discussione si farebbe più vivace, in barba alle barriere di una supposta identità culturale, etnica o nazionale che è un gioco interessante e pericoloso al contempo.

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  3. Visto che in questa faccenda del semi-deserto tocca a me quello del semi, qualcosa dovrei dire. Il bicchiere di vino col manicaretto da assaggiare mi sembra ottimo, oltre all'uso del blog, anzi che invece di esso. Mi spiego? Il dibattito sulla identità assolutamente interessante sia attraverso il blog, sia davanti al bicchierino. Non c'è nessuno?
    Jesús F.

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  4. Non pensare che non siamo interessatti negli argomenti proposti,sarà piuttosto una questione di pigrizia oppure a volte un può di timidezza,al meno per me.Lasciare le sue opinione scritte ,e como!è piu compromettente che semplicemente chiachierare ovunque.
    Vi ricordate ?"parole,parole,parole"...le porta il vento...
    Seguiamo avanti!!

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  5. Ma è proprio il dialogo che si instaura tra Alberto Lupo e Mina quando cantano Parole, parole , parole che dovrebbe incoraggiarvi a chiacchierare, anche in rete. O forse è un mezzo troppo artificiale per essere stimolante. Proporremo anche il bicchierino, magari con un buon vinello anche la lingua si scioglie più facilmente.
    Grazie comunque per i vostri contributi!

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  6. Ciao, sono Montse.
    Giacche all’inizio si è parlado di cibo, anche non sia sulla pasta italiana mi piace farsi conoceré una riceta (imparata dalla mamma) che ho cucinato ieri pomeriggio per me e per la mia famiglia.

    PASTICCINI MOLTO FRIABILI


    INGREDIENTI:

    500 grammi di farina
    250 grammi di zuccchero a velo
    175 grammi di strutto
    1 cucchiaino di cannella
    Un po’ di zucchero a velo per polverizzare

    PREPARAZIONE:

    La prima cosa è tostare la farina nella padella. Poi le si aggiungono lo zucchero, lo strutto e la cannella. Si impasta bene con le mani e si estende la pasta su il tavolo, facendola grossa 1 centimetro e mezzo. In seguito, si tagliano dei dischi con la tagliapasta o con un bicchiere e si mettono sulla piastra del forno, che prima è stata unta con lo strutto. Quando i pasticcini avranno un leggero colore dorato, si tirano fuori dal forno e si polverizzano con un po’ di zucchero a velo.

    Nota bene:

    Lo strutto può essere ben di vaca ben di maiale.

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  7. bisognerà provare queste leccornie! Magari cerchiamo un'alternativa allo strutto, per vegetariani.
    grazie per il contributo.

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  8. Venerdì scorso abbiamo parlato in classe sull'origine delle maschere. Non so se questo è il luogo preciso per postare un commento sul tema, ma non ho trovato un altro più appropriato.
    Le maschere funebri erano già usate dagli Egizi al tempo dei faraoni e nella Grecia antica, dove è stata trovata la maschera di Agamennone, a Micene. Nel teatro greco, le maschere avevano la doppia funzione di caratterizzare il personaggio e amplificare la voce, rendendo più udibili i dialoghi. A Venezia troviamo "Il medico della Peste", una maschera che serviva da protezione ai medici che venivano a contatto con gli ammalati. Anche portavano maschera I Nobiluomini Barnabotti, patrizi poveri, per chiedere l'elemosina. Nel carnevale veneziano le maschere più popolari sono quelle della Moretta, la Bauta e il Domino, ma anche quelle dei personaggi della Comedia dell'Arte come Pulcinella, Arlechino, Pantalone, Colombina e Franceschina.
    Jose

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